Capitava a sorpresa, come le voglie e, quando accadeva, una domenica qualunque diventava una festa: "Bambine vestitevi svelte, il babbo ci porta a mangiare il cacciucco". Il tempo di ascoltare il lato di una cassetta ed eravamo a destinazione. Ricordo bene il fermento di quei ristoranti: tra i piatti e il profumo di pesce i commensali si prendevano in giro , ridevano e raccontavano tragedie come fossero barzellette, a quelle tavole così teatrali e colorate anche le battute spinte erano ammesse (forse per questo "le bimbe livornesi" eran sempre più vispe di me)... Me ne stavo al mio tavolo, al sicuro davanti a quel piatto fumante che incredibilmente riusciva a farmi amare anche le lische.
Una corsa nella terrazza a scacchi (terrazza Mascagni) un ponche per i grandi e poi tutti in alfa sud verso Firenze. Da allora son passati vent'anni ma Livorno è sempre la stessa: conserva i suoi scorci incantevoli, le battute taglienti e spietate, custodisce il magico quartiere nel cuore della città vecchia chiamato "Venezia" e, dietro tende di plastica, luoghi storici dove da anni si mangia e si fa merenda.
In questa città non si tradiscono le tradizioni per le mode del momento e se chiedi per strada non c'è dubbio alcuno: la torta si accompagna alla spuma bionda e si mangia da "Gagarin" proprio di fianco al mercato centrale. il ponche si prende "dal Civili" , il cacciucco "da Galileo" e il frate dal "Frataio": non affannatevi a cercare insegne o indicazioni, a loro non servono. Sono lì da anni e se non sai dove allora non sei livornese. Ecco perché amo questa città ecco perché è stato o un grande onore raccontarla a cucina corriere. Questo è l'articolo con tutti indirizzi e indicazioni.